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Nuovo libro con l’intervista concessa da Benedetto XVI a Peter Seewald

http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/text.html#13

(Esce il 23 novembre)

Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi


Luce del mondo è il titolo con il quale sta per essere pubblicato il libro che raccoglie la conversazione di Benedetto XVI con il giornalista e scrittore tedesco Peter Seewald.
La nuova opera, edita in italiano dalla Libreria Editrice Vaticana, uscirà in contemporanea in altre lingue il prossimo 23 novembre e ha come sottotitolo Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Nei 18 capitoli che lo compongono, raggruppati in tre parti – “I segni dei tempi”, “Il pontificato”, “Verso dove andiamo” – Benedetto XVI risponde alle più scottanti questioni del mondo di oggi. Del libro (pagine 284, euro 19,50) anticipiamo alcuni stralci.

La gioia del cristianesimo

Tutta la mia vita è sempre stata attraversata da un filo conduttore, questo:  il cristianesimo dà gioia, allarga gli orizzonti. In definitiva un’esistenza vissuta sempre e soltanto “contro” sarebbe insopportabile.

Un mendicante

Per quel che riguarda il Papa, anche lui è un povero mendicante davanti a Dio, ancora più degli altri uomini. Naturalmente prego innanzitutto sempre il Signore, al quale sono legato, per così dire, da antica amicizia. Ma invoco anche i santi. Sono molto amico di Agostino, di Bonaventura e di Tommaso d’Aquino. A loro quindi dico:  “Aiutatemi”! La Madre di Dio, poi, è sempre e comunque un grande punto di riferimento. In questo senso, mi inserisco nella Comunione dei Santi. Insieme a loro, rafforzato da loro, parlo poi anche con il Dio buono, soprattutto mendicando, ma anche ringraziando; o contento, semplicemente.

Le difficoltà

L’avevo messo nel conto. Ma innanzitutto bisognerebbe essere molto cauti con la valutazione di un Papa, se sia significativo o meno, quando è ancora in vita. Solo in un secondo momento si può riconoscere quale posto, nella storia nel suo insieme, ha una determinata cosa o persona. Ma che l’atmosfera non sarebbe stata sempre gioiosa era evidente in considerazione dell’attuale costellazione mondiale, con tutte le forze di distruzione che ci sono, con tutte le contraddizioni che in essa vivono, con tutte le minacce e gli errori. Se avessi continuato a ricevere soltanto consensi, avrei dovuto chiedermi se stessi veramente annunciando tutto il Vangelo.

Lo shock degli abusi

I fatti non mi hanno colto di sorpresa del tutto. Alla Congregazione per la Dottrina della Fede mi ero occupato dei casi americani; avevo visto montare anche la situazione in Irlanda. Ma le dimensioni comunque furono uno shock enorme. Sin dalla mia elezione al Soglio di Pietro avevo ripetutamente incontrato vittime di abusi sessuali. Tre anni e mezzo fa, nell’ottobre 2006, in un discorso ai vescovi irlandesi avevo chiesto loro di “stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi”.
Vedere il sacerdozio improvvisamente insudiciato in questo modo, e con ciò la stessa Chiesa Cattolica, è stato difficile da sopportare. In quel momento era importante però non distogliere lo sguardo dal fatto che nella Chiesa il bene esiste, e non soltanto queste cose terribili.

I media e gli abusi

Era evidente che l’azione dei media non fosse guidata solamente dalla pura ricerca della verità, ma che vi fosse anche un compiacimento a mettere alla berlina la Chiesa e, se possibile, a screditarla. E tuttavia era necessario che fosse chiaro questo:  sin tanto che si tratta di portare alla luce la verità, dobbiamo essere riconoscenti. La verità, unita all’amore inteso correttamente, è il valore numero uno. E poi i media non avrebbero potuto dare quei resoconti se nella Chiesa stessa il male non ci fosse stato. Solo perché il male era dentro la Chiesa, gli altri hanno potuto rivolgerlo contro di lei.

Il progresso

Emerge la problematicità del termine “progresso”. La modernità ha cercato la propria strada guidata dall’idea di progresso e da quella di libertà. Ma cos’è il progresso? Oggi vediamo che il progresso può essere anche distruttivo. Per questo dobbiamo riflettere sui criteri da adottare affinché il progresso sia veramente progresso.

Un esame di coscienza

Al di là dei singoli piani finanziari, un esame di coscienza globale è assolutamente inevitabile. E a questo la Chiesa ha cercato di contribuire con l’enciclica Caritas in veritate. Non dà risposte a tutti i problemi. Vuole essere un passo in avanti per guardare le cose da un altro punto di vista, che non sia soltanto quello della fattibilità e del successo, ma dal punto di vista secondo cui esiste una normatività dell’amore per il prossimo che si orienta alla volontà di Dio e non soltanto ai nostri desideri. In questo senso dovrebbero essere dati degli impulsi perché realmente avvenga una trasformazione delle coscienze.

La vera intolleranza

La vera minaccia di fronte alla quale ci troviamo è che la tolleranza venga abolita in nome della tolleranza stessa. C’è il pericolo che la ragione, la cosiddetta ragione occidentale, sostenga di avere finalmente riconosciuto ciò che è giusto e avanzi così una pretesa di totalità che è nemica della libertà. Credo necessario denunciare con forza questa minaccia. Nessuno è costretto ad essere cristiano. Ma nessuno deve essere costretto a vivere secondo la “nuova religione”, come fosse l’unica e vera, vincolante per tutta l’umanità.

Moschee e burqa

I cristiani sono tolleranti ed in quanto tali permettono anche agli altri la loro peculiare comprensione di sé. Ci rallegriamo del fatto che nei Paesi del Golfo arabo (Qatar, Abu Dhabi, Dubai, Quwait) ci siano chiese nelle quali i cristiani possono celebrare la Messa e speriamo che così accada ovunque. Per questo è naturale che anche da noi i musulmani possano riunirsi in preghiera nelle moschee.
Per quanto riguarda il burqa, non vedo ragione di una proibizione generalizzata. Si dice che alcune donne non lo portino volontariamente ma che in realtà sia una sorta di violenza imposta loro. È chiaro che con questo non si può essere d’accordo. Se però volessero indossarlo volontariamente, non vedo perché glielo si debba impedire.

Cristianesimo e modernità

L’essere cristiano è esso stesso qualcosa di vivo, di moderno, che attraversa, formandola e plasmandola, tutta la mia modernità, e che quindi in un certo senso veramente la abbraccia.
Qui è necessaria una grande lotta spirituale, come ho voluto mostrare con la recente istituzione di un “Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione”. È importante che cerchiamo di vivere e di pensare il Cristianesimo in modo tale che assuma la modernità buona e giusta, e quindi al contempo si allontani e si distingua da quella che sta diventando una contro-religione.

Ottimismo

Lo si potrebbe pensare guardando con superficialità e restringendo l’orizzonte al solo mondo occidentale. Ma se si osserva con più attenzione – ed è quello che mi è possibile fare grazie alle visite dei vescovi di tutto il mondo  e  anche  ai  tanti  altri  incontri  –  si  vede che il cristianesimo in questo momento sta sviluppando anche una creatività del tutto nuova […]
La burocrazia è consumata e stanca. Sono iniziative che nascono dal di dentro, dalla gioia dei giovani. Il cristianesimo forse assumerà un volto nuovo, forse anche un aspetto culturale diverso. Il cristianesimo non determina l’opinione pubblica mondiale, altri ne sono alla guida. E tuttavia il cristianesimo è la forza vitale senza la quale anche le altre cose non potrebbero continuare ad esistere. Perciò, sulla base di quello che vedo e di cui riesco a fare personale esperienza, sono molto ottimista rispetto al fatto che il cristianesimo si trovi di fronte ad una dinamica nuova.

La droga

Tanti vescovi, soprattutto quelli dell’America Latina, mi dicono che là dove passa la strada della coltivazione e del commercio della droga – e questo avviene in gran parte di quei paesi – è come se un animale mostruoso e cattivo stendesse la sua mano su quel paese per rovinare le persone. Credo che questo serpente del commercio e del consumo di droga che avvolge il mondo sia un potere del quale non sempre riusciamo a farci un’idea adeguata. Distrugge i giovani, distrugge le famiglie, porta alla violenza e minaccia il futuro di intere nazioni.
Anche questa è una terribile responsabilità dell’Occidente:  ha bisogno di droghe e così crea paesi che gli forniscono quello che poi finirà per consumarli e distruggerli. È sorta una fame di felicità che non riesce a saziarsi con quello che c’è; e che poi si rifugia per così dire nel paradiso del diavolo e distrugge completamente l’uomo.

Nella vigna del Signore

In effetti avevo una funzione direttiva, però non avevo fatto nulla da solo e ho lavorato sempre in squadra; proprio come uno dei tanti operai nella vigna del Signore che probabilmente ha fatto del lavoro preparatorio, ma allo stesso tempo è uno che non è fatto per essere il primo e per assumersi la responsabilità di tutto. Ho capito che accanto ai grandi Papi devono esserci anche Pontefici piccoli che danno il proprio contributo. Così in quel momento ho detto quello che sentivo veramente […]
Il concilio Vaticano II ci ha insegnato, a ragione, che per la struttura della Chiesa è costitutiva la collegialità; ovvero il fatto che il Papa è il primo nella condivisione e non un monarca assoluto che prende decisioni in solitudine e fa tutto da sé.

L’ebraismo

Senza dubbio. Devo dire che sin dal primo giorno dei miei studi teologici mi è stata in qualche modo chiara la profonda unità fra Antica e Nuova Alleanza, tra le due parti della nostra Sacra Scrittura. Avevo compreso che avremmo potuto leggere il Nuovo Testamento soltanto insieme con ciò che lo ha preceduto, altrimenti non lo avremmo capito. Poi naturalmente quanto accaduto nel Terzo Reich ci ha colpito come tedeschi e tanto più ci ha spinto a guardare al popolo d’Israele con umiltà, vergogna e amore.
Nella mia formazione teologica queste cose si sono intrecciate ed hanno segnato il percorso del mio pensiero teologico. Dunque era chiaro per me – ed anche qui in assoluta continuità con Giovanni Paolo II – che nel mio annuncio della fede cristiana doveva essere centrale questo nuovo intrecciarsi, amorevole e comprensivo, di Israele e Chiesa, basato sul rispetto del modo di essere di ognuno e della rispettiva missione […]
Comunque, a quel punto, anche nella antica liturgia mi è sembrato necessario un cambiamento. Infatti, la formula era tale da ferire veramente gli ebrei e di certo non esprimeva in modo positivo la grande, profonda unità fra Vecchio e Nuovo Testamento.
Per questo motivo ho pensato che nella liturgia antica fosse necessaria una modifica, in particolare, come ho detto, in riferimento al nostro rapporto con gli amici ebrei. L’ho modificata in modo tale che vi fosse contenuta la nostra fede, ovvero che Cristo è salvezza per tutti. Che non esistono due vie di salvezza e che dunque Cristo è anche il Salvatore degli ebrei, e non solo dei pagani. Ma anche in modo tale che non si pregasse direttamente per la conversione degli ebrei in senso missionario, ma perché il Signore affretti l’ora storica in cui noi tutti saremo uniti. Per questo gli argomenti utilizzati da una serie di teologi polemicamente contro di me sono avventati e non rendono giustizia a quanto fatto.

Pio XII

Pio XII ha fatto tutto il possibile per salvare delle persone. Naturalmente ci si può sempre chiedere:  “Perché non ha protestato in maniera più esplicita”? Credo che abbia capito quali sarebbero state le conseguenze di una protesta pubblica. Sappiamo che per questa situazione personalmente ha sofferto molto. Sapeva che in sé avrebbe dovuto parlare, ma la situazione glielo impediva.
Ora, persone più ragionevoli ammettono che Pio XII ha salvato molte vite ma sostengono che aveva idee antiquate sugli ebrei e che non era all’altezza del Concilio Vaticano II. Il problema tuttavia non è questo. L’importante è ciò che ha fatto e ciò che ha cercato di fare, e credo che bisogna veramente riconoscere che è stato uno dei grandi giusti e che, come nessun altro, ha salvato tanti e tanti ebrei.

La sessualità

Concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa ragione per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l’espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sé. Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano nella sua totalità.
Vi possono essere singoli casi giustificati, ad esempio quando una prostituta utilizza un profilattico, e questo può essere il primo passo verso una moralizzazione, un primo atto di responsabilità per sviluppare di nuovo la consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si può far tutto ciò che si vuole. Tuttavia, questo non è il modo vero e proprio per vincere l’infezione dell’Hiv. È veramente necessaria una umanizzazione della sessualità.

La Chiesa

Paolo dunque non intendeva la Chiesa come istituzione, come organizzazione, ma come organismo vivente, nel quale tutti operano l’uno per l’altro e l’uno con l’altro, essendo uniti a partire da Cristo. È un’immagine, ma un’immagine che conduce in profondità e che è molto realistica anche solo per il fatto che noi crediamo che nell’Eucaristia veramente riceviamo Cristo, il Risorto. E se ognuno riceve il medesimo Cristo, allora veramente noi tutti siamo riuniti in questo nuovo corpo risorto come il grande spazio di una nuova umanità. È importante capire questo, e dunque intendere la Chiesa non come un apparato che deve fare di tutto – pure l’apparato le appartiene, ma entro dei limiti – bensì come organismo vivente che proviene da Cristo stesso.

L’Humanae vitae

Le prospettive della “Humanae vitae” restano valide, ma altra cosa è trovare strade umanamente percorribili. Credo che ci saranno sempre delle minoranze intimamente persuase della giustezza di quelle prospettive e che, vivendole, ne rimarranno pienamente appagate così da diventare per altri affascinante modello da seguire. Siamo peccatori. Ma non dovremmo assumere questo fatto come istanza contro la verità, quando cioè quella morale alta non viene vissuta. Dovremmo cercare di fare tutto il bene possibile, e sorreggerci e sopportarci a vicenda. Esprimere tutto questo anche dal punto di vista pastorale, teologico e concettuale nel contesto dell’attuale sessuologia e ricerca antropologica è un grande compito al quale bisogna dedicarsi di più e meglio.

Le donne

La formulazione di Giovanni Paolo II è molto importante:  “La Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale”. Non si tratta di non volere ma di non potere. Il Signore ha dato una forma alla Chiesa con i Dodici e poi con la loro successione, con i vescovi ed i presbiteri (i sacerdoti). Non siamo stati noi a creare questa forma della Chiesa, bensì è costitutiva a partire da Lui. Seguirla è un atto di obbedienza, nella situazione odierna forse uno degli atti di obbedienza più gravosi. Ma proprio questo è importante, che la Chiesa mostri di non essere un regime dell’arbitrio. Non possiamo fare quello che vogliamo. C’è invece una volontà del Signore per noi, alla quale ci atteniamo, anche se questo è faticoso e difficile nella cultura e nella civiltà di oggi.
Tra l’altro, le funzioni affidate alle donne nella Chiesa sono talmente grandi e significative che non può parlarsi di discriminazione. Sarebbe così se il sacerdozio fosse una specie di dominio, mentre al contrario deve essere completamente servizio. Se si dà uno sguardo alla storia della Chiesa, allora ci si accorge che il significato delle donne – da Maria a Monica sino a Madre Teresa – è talmente eminente che per molti versi le donne definiscono il volto della Chiesa più degli uomini.

I novissimi

È una questione molto seria. La nostra predicazione, il nostro annunzio effettivamente è ampiamente orientato, in modo unilaterale, alla creazione di un mondo migliore, mentre il mondo realmente migliore quasi non è più menzionato. Qui dobbiamo fare un esame di coscienza. Certo, si cerca di venire incontro all’uditorio, di dire loro quello che è nel loro orizzonte. Ma il nostro compito è allo stesso tempo sfondare quest’orizzonte, ampliarlo, e di guardare alle cose ultime.
I novissimi sono come pane duro per gli uomini di oggi. Gli appaiono irreali. Vorrebbero al loro posto risposte concrete per l’oggi, soluzioni per le tribolazioni quotidiane. Ma sono risposte che restano a metà se non permettono anche di presentire e riconoscere che io mi estendo oltre questa vita materiale, che c’è il giudizio, e che c’è la grazia e l’eternità. In questo senso dobbiamo anche trovare parole e modi nuovi, per permettere all’uomo di sfondare il muro del suono del finito.

La venuta di Cristo

È importante che ogni epoca stia presso il Signore. Che anche noi stessi, qui ed ora, siamo sotto il giudizio del Signore e ci lasciamo giudicare dal suo tribunale. Si discuteva di una duplice venuta di Cristo, una a Betlemme ed una alla fine dei tempi, sino a quando san Bernardo di Chiaravalle parlò di un Adventus medius, di una venuta intermedia, attraverso la quale sempre Egli periodicamente entra nella storia.
Credo che abbia preso la tonalità giusta. Noi non possiamo stabilire quando il mondo finirà. Cristo stesso dice che nessuno lo sa, nemmeno il Figlio. Dobbiamo però rimanere per così dire sempre presso la sua venuta, e soprattutto essere certi che, nelle pene, Egli è vicino. Allo stesso tempo dovremmo sapere che per le nostre azioni siamo sotto il suo giudizio.

El Papa demana perdó… una altra vegada, com a juliol del 2008

El setmanari Time va publicar el 7 de juny de 2010 el reportatge Why being Pope Means Never Having to Say You’re Sorry, que qüestionava la capacitat de Benet XVI de demanar perdó pels casos d’abusos sexuals que han sortit a la llum pública els darrers mesos.

Divendres 11 de juny, en la clausura de l’Any Sacerdotal, en la clausura de l’Any Sacerdotal, Benet XVI ha dit: “Era d’esperar que a l’«enemic» no li agradés que el sacerdoci brillés novament; ell s’hauria estimat més veure’l desaparèixer, perquè per fi Déu hauria estat expulsat del món. I així ha passat que, precisament en aquest any d’alegria pel sagrament del sacerdoci, han sortit a la llum els pecats dels sacerdots, sobretot l’abús als infants, en el qual el sacerdoci, que du a terme la sol·licitud de Déu pel bé de l’home, es converteix en el contrari. També nosaltres demanem perdó insistentment a Déu i a les persones afectades, mentre prometem que volem fer tot el que sigui possible perquè un abús com aquest no torni a succeir mai; que en l’admissió al ministeri sacerdotal i en la formació que el prepara farem tot el que es pugui per a examinar l’autenticitat de la vocació; i que volem acompanyar encara més els sacerdots en el seu camí, perquè el Senyor els protegeixi i els custodiï en les situacions doloroses i en els perills de la vida”.

Alguns observadors han vist aquí la resposta a aquella exigència de penediment: Benedicto XVI pide ‘perdón’ por primera vez por el escándalo de abusos sexuales a menores (El Mundo). Público: “Benedicto XVI pide al fin perdón a las víctimas de abusos sexuales”.

¿És realment la primera vegada que Benet XVI demana perdó? El País, de fet, destacava como a novetat no el perdó, sinó l’èmfasi de la petició: El Papa pide “insistentemente perdón” a Dios y a las víctimas de los abusosNew York Times, capçalera que llançà les primeres informacions, posava per títol Pope Pleads for Forgiveness Over Abuse Scandal, afegint el matís que “It was the first time that Pope Benedict XVI had commented on the scandal from St. Peter’s Basilica”.

Aquesta matisació té la seva raó de ser. De fet, no tots els mitjans han considerat les paraules del Papa com la primera petició de perdó. Així, per exemple, La Vanguardia recollia en la seva web el text d’EFE, que valorava el caràcter públic d’aquesta declaració. L’ABC ni tan sols parlava de demanar perdó, i encapçalava la notícia explicant que “Benedicto XVI prometió hacer todo lo posible para que los abusos sexuales no vuelvan a suceder jamás” i que “lanzó también un serio aviso a los obispos encubridores o cobardes: No es amor tolerar comportamientos indignos de la vida sacerdotal”.

Com algun bloc periodístic ja ha assenyalat, el cert és que efectivament no és la primera vegada que el Papa demana perdó.

En la carta als catòlics d’Irlanda (19/3/10), afirmà estar “profundament consternat”, compartir amb les víctimes “el neguit i el sentiment de traïció” y sentir “obertament la vergonya i el remordiment”. Pope Benedict tells victims “I am truly sorry”, resumia un periodista de la BBC‘I am truly sorry’: Pope Benedict apologises for decades of child abuse in Irish Catholic Church, afirmava Daily Mail. Al-Jazeera: Pope ‘truly sorry’ over Irish abuse. En la mateixa línia Belfast Telegraph, entre d’altres. L’expressió anglesa I’m truly sorry, que també surt a la carta, fou traduïda al castellà como me apesadumbra en verdad (en català m’afligeix molt) que potser no recull amb la mateixa exactitud l’acte de demanar perdó. Malgrat tot, alguns mitjans en castellà interpretaren les paraules en sentit similar als anglesos. El Mundo referia al seu lloc web el dia 22, citant EFE, i el dia 24, citant Reuters, que a la carta el Papa “pidió perdón a las víctimas de los curas pederastas”. Igual d’altres com ABCTVELa Tercera de Xile.

Però la demostració més clara que Benet XVI demanava perdó a les víctimes ja es pogué comprovar un llunyà 12 de juliol de 2008, durant el trajecte en avió fins Austràlia. A la pregunta: “¿parlarà de la qüestió dels abusos sexuals i demanarà perdó?” respongué un “” rotund, per després afegir les raons, concloent amb el significat que per a ell té aquesta expressió ‘demanar perdó’: “farem tot el possible per deixar clar quin és l’ensenyament de l’Església i per ajudar en l’educació, en la preparació dels sacerdots, en la formació permanent, farem tot el possible per curar i reconciliar les víctimes. Crec que aquest és el contingut fonamental de l’expressió “demanar perdó”. Crec que és millor i més important donar el contingut de la fórmula i crec que el contingut ha d’explicar en què ha fallat el nostre comportament, què hem de fer en aquest moment, com podem prevenir i com poder tots curar i reconciliar”. ¿Què ha fet, si no, Benet XVI, des d’aleshores?

Era dissabte 12 de juliol de 2008. Per un mes i un dia, gairebé dos anys abans de la suposada primera petició de perdó del dia 11 de juny d’enguany.

Ja el 2006, referint-se a Irlanda havia insistit en la necessitat de “curar les víctimes i tots els afectats per aquest crims enormes”. A Austràlia, durant l’esmentat viatge de 2008, digué: “Estic molt dolgut pel dolor i el sofriment que han patit les víctimes, i les hi asseguro que, com a pastor seu, també comparteixo el seu patiment. Aquests delicte, que constitueixen una traïció greu a la confiança, han de ser condemnats de forma inequívoca. Han provocat un gran dolor i han fet mal al testimoni de l’Església. Us demano a tots que recolzeu i ajudeu els vostres bisbes, i que col·laboreu amb ells a combatre aquest mal. Les víctimes han de rebre compassió i assistència, i els responsables d’aquest mals han de ser duts a la justícia”. Com ja havia fet abans a Estats Units i faria després a Malta, Benet XVI compartí les penes d’un grup de víctimes.

Marc Argemí

https://bxvi.wordpress.com

Quién es Benedicto XVI

Documental que me ha gustado // Documental que m’ha agradat // I found it very interesting. You can buy it here: RomeReports

La crisi de la pederàstia a l’Església, en 1001 paraules

Els càrrecs

New York Times (NYT) publica (12/3/10) que el 1980 l’arxidiòcesi de Munic i Freising acollí i finalment reincorporà a les seves funcions un sacerdot acusat d’abusar sexualment de nens. El bisbe era aleshores Joseph Ratzinger. El capellà perpetrà més tard nous abusos i fou processat. Com s’ha demostrat després, qui prengué la decisió de readmetre’l no fou Ratzinger sinó el vicari general: la reassignació tingué lloc el setembre de 1982, quan Ratzinger ja estava a Roma.

Per les mateixes dates (5/03/10) s’intenta implicar el germà de Ratzinger, però l’acusació directe a ell no se sostè.

La resposta de Benet XVI a la pederàstia

Benet XVI (19/03/10) escriu una carta als catòlics d’Irlanda [anglèscastellàcatalà] sobre els abusos a nens i joves per part de clergues, destapats pels informes Murphy (juliol 2009) i Ryan (maig 2009). Irlanda és el segon país, després d’Estats Units, on s’investiga a fons.

En la missiva, Benet XVI apunta 8 causes d’aquest desastre de l’Església: 1) inadequada resposta a la secularització; 2) descuit de pràctiques sagramentals i devocionals (confessió freqüent, pregària diària i recessos anuals); 3) tendència a adoptar formes de pensament i judici sense referència suficient a l’Evangeli; 4) tendència a evitar enfocaments penals de les situacions canònicament irregulars; 5) procediments inadequats per a determinar la idoneïtat dels candidats al sacerdoci i a la vida religiosa; 6) insuficient formació humana, moral, intel·lectual i espiritual en els seminaris i noviciats; 7) tendència social a afavorir el clergat i altres figures d’autoritat i 8 ) una preocupació fora de lloc pel bon nom de l’Església i per evitar escàndols.

A les víctimes diu: “Heu sofert immensament. N’estic tan apesarat! Sé que res pot esborrar el mal que heu suportat. (…). És comprensible que us sigui difícil perdonar o reconciliar-vos amb l’Església. En el seu nom, expresso obertamentla vergonya i el remordiment que tots sentim. Al mateix temps, us demano que no perdeu l’esperança”. Alssacerdots i religiosos que han abusat de nens: “Respondreu davant Déu Totpoderós i davant els tribunals degudament constituïts”. Als bisbes: “no es pot negar que alguns de vosaltres i dels vostres predecessors heu fracassat, de vegades lamentablement, a l’hora d’aplicar les normes, codificades fa molt de temps, del dret canònic sobre els delictes d’abusos de nens. S’han comès greus errors en resposta a les acusacions”.

Benet XVI proposa, a més, cinc mesures: 1) un any de penitència; 2) redescobrir el sagrament de la Reconciliació (la confessió); 3) fomentar l’adoració eucarística; 4) una Visita Apostòlica (una inspecció) en algunes diòcesis, seminaris i congregacions religioses; 5) una missió per a tots els bisbes, sacerdots i religiosos. En altres paraules: fer net.

Més càrrecs encara

El 24/03/10, NYT apunta directament Benet XVI com a responsable d’un cas quan era encara cardenal: el funest cas de Lawrence Murphy, que va abusar de nens sords durant els 70 a la diòcesi de Milwaukee i no fou condemnat ni per la justícia ordinària ni per l’arquebisbatCom s’ha vist després, la manca de diligència en el càstig del malfactor fou culpa del propi arquebisbat local: el cas no va arribar al Vaticà fins als 90. L’esbiaix de la notícia periodística pot explicar-seper errors de traducció i perquè l’article beu de dues fonts: els advocats que han denunciat l’Arquebisbat (un d’ells, Jeffrey Anderson, té litigi obert amb la Santa Seu) i l’arquebisbe retirat de Milwaukee Rembert Weakland, en actiu en el moment dels fets.

El 2/2/10 Associated Press llançà una nova acusació contra Benet XVI, les proves de la qual es demostraren falses. El 9/4/10 hi tornà NYT amb més acusacionsamb igual sort.

En resum, les acusacions contra l’Església són tres: 1) alguns sacerdots catòlics abusaren de nens; 2) molts bisbes ho ocultaren, i 3) Benet XVI n’és personalment responsable. Amb dades a la mà, el n. 1 és lamentablement cert en una ínfima minoria del col·lectiu; n. 2 s’afirma en determinats prelats i n. 3 és rotundament fals.

Les conseqüències

Alguns han reclamat jutjar el Papa per encobriment, i han aprofitat per un judici negatiu sobre el catolicisme en en el seu conjunt. Altres de funest record ja havien intentat, temps enrere usar els delictes d’uns pocs per desacreditar tota la institució. Alguns advocats intenten treure’n profit. No han faltat veus amigues del Papa des del judaisme, des del’agnosticisme i, en general, des d’ambients intel·lectuals.

El Vaticà ha posat sobre la taula tota la informació de què disposa. L’exercici de transparència ha arribat fins a l’extrem que el fiscal del Vaticà parlés sobre els casos d’abusos en una documentada entrevista. La Santa Seu ha fet públics els reglaments pels quals es jutgen aquests casos i abundant documentació.

Dins de l’Església, hi ha hagut partidaris de la ruptura i partidaris de la renovació. Ruptura: 1) algunes veus reclamen una revisió del celibat per capellans i de la moral catòlica, encara que expertsopinadors fins i tot no catòlics han denunciat amb dades la inexistència d’aquesta vinculació causa-efecte. 2) exponents antiromans de certa edat han reclamat la dimissió del Papa o una reforma.

Renovació: molts han aplaudit el posicionament de Benet XVI de tolerància zeropetició de perdópenitència iconversió. Molts catòlics han intentat sortir de la perplexitat cercant la veritat dels fets. L’operació neteja iniciada anys enrere ha agafat embranzida: des de la carta a Irlanda han dimitit dos bisbes irlandesos, un americà, un alemany, un norueg i un belga. El lideratge intern de Benet XVI és més gran ara que mesos enrere. Es percep Benet XVI com partde la solució, i no part del problema.

A banda de la feina de l’Església, pocs han prioritzat la protecció de les víctimes i mesures per acabar amb la pederàstia. És una llàstima, i encara més quan es constata que el problema és tranversal: afecta més greumentmolts d’altres col·lectius socials. Països com Alemanya, ja ho afronten globalment. Alguns articulistes han assenyalat la culpa que en l’extensió del fenomen pot haver tingut la revolució sexual dels seixanta i la seva simpatia declarada vers la pedofília.

Marc Argemí

http://www.facebook.com/marcargemi